
Spesso, ho letto, e recensito, qui su RealCultura, libri e storie di ogni genere. Costellazioni di vicende e personaggi di ogni tipo, con stili diversi e sfondi che ne caratterizzavano la trama in modo distintivo. Dando una identità ben precisa e colpendomi per la loro unicità. Ciononostante, forse per orientamento personale, sono sempre rimasto affascinato perlopiù da quelle che portano con sé contenuti mistici. Inteso più come folklore, non come complotti. I mondi fiabeschi, d’altra parte, sono intramontabili. Quelli che richiamano il folklore tipico di una popolazione lo sono ancora di più. È tutto un “a mio avviso”, sia chiaro. Ecco, nel racconto Il soffio del gallo forcello, nato dalla penna di Mauro Corona nel 1994, e recentemente riproposto da Mondadori, ho potuto trovare esattamente tutto questo. E ve ne parlerò.
Contesto
Il racconto è ambientato tra i boschi e le montagne del Friuli, zone con cui Mauro Corona ha un forte legame. L’ambiente è tipico delle sue opere: selvaggio, solenne, immerso nella natura più autentica e aspra. Non viene mai indicato con precisione un toponimo, ma i paesaggi descritti — con le albe fredde, i boschi silenziosi, le radure dove si appostano i cacciatori — richiamano fortemente i luoghi delle Alpi carniche e delle Dolomiti orientali, che fanno da sfondo simbolico e spirituale alla narrazione.
Trama
Nel bel mezzo di una suggestiva aurora montana, un padre e un figlio si muovono silenziosi nel bosco, avvolti dal buio che precede la luce. Il racconto si dipana nell’arco di poche ore, ma racchiude un momento cruciale: un ‘passaggio di consegne’ tra generazioni diverse. Un rituale arcaico che ha a che fare con la natura, la morte e il significato stesso della vita. Come quelli che ancora presenti in certe popolazioni tribali e selvagge al giorno d’oggi.
Il gallo forcello, animale schivo e simbolico, è al centro della vicenda. L’uomo conduce il ragazzo in un luogo preciso, dove l’animale, ignaro, si mostrerà nel suo canto d’amore, nel suo gesto naturale e fatale. La caccia, però, non è solo atto predatorio: è rito, tradizione, espressione di un legame profondo tra uomo e natura. Non c’è crudeltà, ma piuttosto un rispetto antico e silenzioso.
La trama si concentra su questo momento sospeso, dove l’attesa e la tensione si fondono con i suoni del bosco e il fiato della montagna. È un’esperienza di iniziazione per il ragazzo, che deve imparare a vedere, ascoltare, capire — e forse anche uccidere. Ma soprattutto deve imparare a entrare nel ritmo segreto del mondo naturale.
Considerazioni
In questo magnifico racconto lungo cinquantasei pagine, lo stile di scrittura è essenziale e suggestivo: ogni parola pesa e ogni gesto ha un valore simbolico. La lingua è asciutta ma evocativa, profondamente radicata nella realtà delle montagne, e spesso richiama il tono solenne e lento delle narrazioni orali. Narrazioni che si avvicinano, come vi dicevo antecedentemente, a miti e leggende popolari. Il soffio del gallo forcello sembra il frammento di una tradizione antica, dove natura e destino si fondono in un unico respiro. L’atmosfera, sospesa tra fiaba e rito di passaggio, richiama proprio i racconti folkloristici, in cui l’iniziazione alla vita avviene attraverso prove legate alla natura e al mistero.
Commento personale
Per quanto apparentemente potrebbe essere considerato un mero racconto di caccia, perché comunque è un elemento distintivo, Il soffio del gallo forcello è molto più di questo. È, direi, più una parabola sul tempo, sulla trasmissione del sapere e sul modo in cui gli uomini vivono la ciclicità della vita.