
In un salotto londinese del 1924, un cadavere giace tra le pagine di un libro e le porcellane da tè. Non c’è sangue in vista, né urla nella notte. Solo sguardi trattenuti, sospetti che scivolano come ombre sui tappeti, e una ragazza che osserva. Non perché sia autorizzata a farlo, ma perché non può farne a meno. Questa è, in sintesi, la trama di Miss Bee e il cadavere in biblioteca.
Un mistero in guanti bianchi, con l’ombra del giallo classico
Fin dalle prime pagine si capisce che Miss Bee e il cadavere in biblioteca non è un giallo contemporaneo. Non ci sono profiler tormentati, né serial killer con messaggi criptici. Qui il mistero ha l’odore dei tappeti antichi e il suono ovattato dei salotti vittoriani. Il delitto accade, sì, ma è quasi un pretesto: quello che davvero conta è la rete sottile che lo avvolge. Le buone maniere che nascondono i sospetti. I sorrisi che proteggono le bugie. È Christie riletta con leggerezza moderna.
Beatrice Bernabò, il coraggio gentile
A guidarci in questo intreccio c’è Beatrice, detta Miss Bee: una ragazza italiana in trasferta londinese, poco avvezza all’etichetta, molto più a suo agio con i libri che con le frivolezze. È intelligente, ma non invincibile. Curiosa, ma mai sopra le righe. Si muove in un mondo che non le appartiene davvero, eppure lo attraversa con occhi attenti. La sua forza è la fragilità che non chiede scusa. Il suo talento è ascoltare più che parlare.
Ironia a bassa voce, tensione in punta di penna
Lo stile di Gazzola è asciutto, ma punteggiato da tocchi ironici che arrivano senza avvisare, come i pensieri che ci sorprendono tra un tè e un sospetto. Non urla, non accelera, non compiace. I colpi di scena non sono fuochi d’artificio, ma piccoli scarti laterali che fanno sbandare le certezze. Un dettaglio fuori posto, un’espressione troppo neutra, una parola mancata. È il giallo come gioco d’equilibrio.
Il crimine ha buone maniere
Il male, in questo romanzo, indossa abiti ben stirati. Non è spettacolare, né crudele. È silenzioso, insinuante. Vive nelle pieghe dell’apparenza, si siede accanto alla protagonista e aspetta. Perché l’omicidio, qui, è quasi una forma di educazione sociale interrotta: uno strappo sottile nel tessuto di una società che non può permettersi di sbagliare in pubblico.
Fidarsi di Miss Bee? Sì, ma senza abbassare la guardia
Miss Bee e il cadavere in biblioteca è più di un mystery. È una riflessione gentile sull’identità, sull’intelligenza femminile, e sul modo in cui ci si può fare spazio anche dove non si è invitati. Alessia Gazzola, con delicatezza e ironia, non ci chiede di indovinare: ci chiede di osservare. E di fidarci del silenzio, quando parla più forte di tutto il resto.