
Bella Ramsey e Pedro Pascal al SXSW 2025 – foto di Bea Phi, CC BY-SA 4.0 via Wikimedia Commons
Si è conclusa oggi la seconda stagione di The Last of Us, adattamento televisivo dell’acclamato videogioco a sfondo post-apocalittico ideato da Neil Druckmann. Sette episodi che fanno (quasi) rimpiangere i punti più bassi di The Walking Dead, sempre che uno si approcci alla serie con aspettative di livello. Ma se si scollega il cervello, riponendolo in un cassetto ben chiuso a chiave, questa seconda stagione risulta anche godibile. Godibile nel senso che assolve alla medesima funzione di dozzine di altri prodotti seriali, cioè intrattenere. The Last of US 2 riesce a farlo raccontandoci le gesta di Ellie e dei suoi compari in una Seattle devastata dalle conseguenze del Cordyceps. Ma di originale non c’è nulla, e i punti di forza del videogioco vengono gravemente compromessi da scelte narrative a dir poco scriteriate.
Un incipit da arresto immediato
Per un videogiocatore o per uno che conosce la storia, già i primi minuti di questa seconda stagione sono un pugno negli occhi. Sono da arresto immediato. Sembrano scritti da Simone Inzaghi. Cercherò di spiegarmi senza fare eccessivi spoiler.
La forza del gioco: la narrazione a doppio punto di vista
La fortuna del prodotto videoludico era determinata soprattutto dall’alternanza dei punti di vista di due personaggi ben distinti, Ellie e Abby, e di quest’ultima non conoscevi fin da subito le motivazioni che la spingevano a fare certe cose. Il videogiocatore era costretto a calarsi nel POV di un personaggio odiato, la cui matassa psicologica veniva sbrogliata pian piano, e questa dinamica del non detto trasformava il gioco in un’avventura anche morale.
La serie distrugge la sorpresa
Nella serie, invece, le motivazioni di Abby vengono spiattellate in faccia allo spettatore nei primi secondi dell’episodio iniziale, andando così a pregiudicare l’intera narrazione. E se è vero che Simone Inzaghi distrugge le partite dopo il minuto 70, The Last of Us 2 lo fa a partire dal minuto 1. E tutta questa seconda stagione è fatta così: scene iconiche portate su schermo in maniera frettolosa e/o con tempistiche sbagliate, col risultato di intaccare ed indebolire l’enorme portato emotivo del videogioco.
Personaggi mal scritti e senza evoluzione
Non si dà il giusto peso agli avvenimenti, e i personaggi sono sballottati di qua e di là in maniera caotica senza alcun tipo di sviluppo. Ellie cambia personalità ad ogni cambio di inquadratura. Vediamo una Ellie in tutte le salse, chi più ne ha più ne metta: Ellie l’innamorata, Ellie la menefreghista, Ellie la vendicatrice, Ellie la pentita. E non si tratta delle diverse sfaccettature di un’identità complessa ed enigmatica, ma di non saper scrivere un personaggio, schizofrenico ed incoerente con se stesso.
Comparse dimenticabili e fazioni vuote
Pure gli altri figuranti non sono da meno, tutti detestabili o poco approfonditi, così come poco approfondite sono le due fazioni che si contendono il controllo di Seattle: il WLF (Washington Liberation Front) e la setta religiosa dei Serafiti. Cosa si sa di loro? Nulla. Sparano, torturano, scagliano frecce, a volte si imbattono in Ellie e tentano di ucciderla “così, nature”, per citare Paolo Armando, la tigre di Masterchef 4. E tutto questo mapazzone è condito da dialoghi poco credibili sulla giustizia, sul senso del dovere e sulla genitorialità, tanto da ricordare a tratti Modern Family.
NPC travestiti da protagonisti
Ma l’aspetto più irritante di questa seconda stagione riguarda le reazioni illogiche dei personaggi, che assistono ad eventi incomprensibili e sconvolgenti e non si pongono alcun quesito in merito. Procedono imperturbabili sulla loro strada come se nulla fosse. Alla stregua di NPC standard: senza interrogarsi neanche una sola volta sul perché delle cose che avvengono.
I pochi elementi che si salvano
Concludiamo con le cose positive. Cosa c’è da salvare? Le ambientazioni ben realizzate, il sesto episodio flashback dedicato al rapporto tra Joel ed Ellie, la performance di Pedro Pascal. Per il resto The Last of Us 2 è una stagione brutta, sporca e cattiva. È scritta male e girata peggio, come tante altre serie anonime che escono settimanalmente sulle piattaforme streaming. Questa però ha la fortuna e la condanna di derivare da una materia originaria nobile che ha riscosso un notevole successo, e dalla fama del titolo derivano grandi responsabilità, oltre che un budget di oltre 100 milioni di dollari.