
Non sempre le saghe storiche riescono a tenere insieme accuratezza, emozione e ritmo narrativo. Eppure, In guerra e in amore, l’ultimo romanzo di Ildefonso Falcones, ci riesce sorprendentemente bene. Ambientato nel 1442, nel Regno di Napoli conquistato dagli aragonesi, è una storia di potere, vendetta e passione che si muove tra le corti e le strade polverose di un’Italia contesa.
Al centro c’è Arnau Estanyol, giovane conte catalano, erede di una dinastia importante e nipote del protagonista de La cattedrale del mare. Lo seguiamo mentre si muove tra i giochi politici di Napoli, stretto tra un fratellastro pronto a distruggerlo e due donne che cambieranno il suo destino: Sofia, affascinante e strategica, e Marina, giovane e sincera, che gli ricorda un amore possibile.
Falcones intreccia abilmente storia, emozioni e complotti, con uno stile solido, quasi cinematografico. La scrittura è meno lirica di altri autori mediterranei, ma si distingue per precisione e ritmo. Le battaglie sono descritte con realismo, le stanze del potere vibrano di tensione, e i sentimenti — pur dentro un mondo violento — trovano spazio.
Perché colpisce?
Perché racconta il lato umano della guerra. L’amore come scelta, come rifugio, ma anche come debolezza. E lo fa senza cadere in facili stereotipi. Arnau è un protagonista imperfetto, combattuto, in cerca di giustizia in un mondo che di giusto ha ben poco.
Il significato del titolo?
“In guerra e in amore” è più di un modo di dire: è la verità che guida ogni personaggio. Tutto è lecito, tutto è in gioco. E spesso, ciò che salva non è la spada, ma un abbraccio inatteso, o un gesto di fiducia nel momento giusto.
Chi dovrebbe leggerlo?
Chi ha amato I pilastri della terra, o chi cerca romanzi storici ricchi di intrighi e passioni. È perfetto per chi vuole perdersi in un mondo antico, ma profondamente attuale nei sentimenti che racconta.
Curiosità
Il romanzo è stato tra i più prenotati del 2025 prima ancora dell’uscita in Italia. Falcones, dopo una lunga pausa, torna con una storia che sa di ritorno alle origini — e anche un po’ di rinascita narrativa.