
E così, finalmente si è concluso Squid Game. La terza, e ultima, stagione, pubblicata ieri, ha segnato il tramonto sulla serie tv più vista di Netflix per mezzo di sei ottimi episodi. “E com’è finita?” vi starete chiedendo. Su questo ci arriverò poco più avanti, ma, piccolo spoiler: diversamente da quanto si potrebbe pensare.
La trama della terza stagione di Squid Game, con spoiler
Dopo il gran tumulto della seconda stagione, che non ha deluso le aspettative (nemmeno di chi voleva finisse con la prima), la terza, forse un po’ meno adrenalinica, ha ampiamente (a mio avviso) rispettato le premesse, segnando un finale per nulla scontato del titolo Squid Game.
Ma cos’è successo? In seguito fallito tentativo di rivolta contro il sistema, che ha comportato un elevatissimo numero di vittime nei giocatori (35), e l’arresto del protagonista Gi-Hun, i giochi riprendono, in tutta la loro crudezza. Gi-Hun stesso sorprendentemente non viene punito in alcun modo, se non con l’uccisione di fronte ai propri occhi (ma fa parte della seconda stagione) del proprio amico, che già conosceva fuori dai giochi nella vita reale.
Tra un gioco e l’altro, quello che lascia più il segno è senza dubbio quello in cui, suddivisi i giocatori in due squadre (una rossa e una blu), per poter sopravvivere, ognuno della rossa deve ucciderne uno di quella blu. Mentre l’obiettivo dei blu è non farsi uccidere (o trovare la porta di uscita). Qui emerge la psicologia dei personaggi, e di tutti, sia chiaro, non solo di un Gi-Hun (facente parte della squadra rossa) distrutto nell’anima dal tentativo fallito di rivolta.
Il tutto finirà in un modo sorprendente, ma non aggiungo altro, con personaggi di spicco che ci lasceranno le penne. Proprio in questo contesto nasce la figlia di Jun-hee, una giovanissima partecipante incinta che partorisce a pochi minuti dalla fine della sfida.
Il plot twist è proprio la nascita della bambina
Questo perché emerge tutta l’etica e la morale di ogni personaggio. O meglio, si scopre sia chi è semplicemente avido e crudele, sia chi un cuore sotto sotto ce l’ha. Neanche a dirsi, Gi-Hun, anche per senso di responsabilità nei confronti di Jun-Hee, che gli affida la bambina prima di morire, è uno di quelli che non solo incarna “il bene che cerca di porre fine al male”, ma anche i tratti che ognuno di noi dovrebbe avere.
Come detto in origine, però, il finale è convincente e spiazza. Senza fare giri di parole, trovatosi a dover scegliere, nell’ultimo gioco, se restare egli stesso in vita o suicidarsi per far vincere la bambina, Gi-Hun sceglie quest’ultima opzione. Strano a dirsi, perché nelle serie tv si cerca sempre di far sopravvivere i protagonisti. Anche per affetto e stima che lo spettatore ha riposto negli stessi. E qui invece no. E ha perfettamente logica.
L’isola, nel frattempo viene scoperta, non solo dal detective Jun-Ho, fratello del Front Man, ma anche dalla guardia costiera. Avvisato, il Front Man decide di fare saltare in aria la struttura sita nell’isola, ma non prima di aver preso la piccola, aver avuto un incontro ravvicinato con il fratello, ed essere scappato con tutti gli altri (o quasi).
Il finale, 6 mesi dopo
Il finale, quello vero, cioè gli ultimi minuti, è un po’ destabilizzante, in quanto il protagonista GI-Hun non è più presente. “E ora?” viene da chiedersi.
Ora si scopre che il Front Man, enigmatico e in bilico tra obbedienza e rimorso, abbandona il ruolo di supervisore e consegna il patrimonio di Gi-Hun alla figlia del protagonista, chiudendo un cerchio di sangue e silenzi. E oltre a questo, consegna la bambina, orfana, nata durante i giochi, al fratello. Così come il montepremi a tutti gli effetti vinto dalla piccola.
Nella scena finale, tramite lo sguardo dell’ex Front Man, si scopre che la presenza d un nuovo reclutatore in America, il che significa che i giochi verranno svolti altrove, all’estero, rivelando la loro radicata e inquietante presenza nella società.
Commento finale
Mi sono già ampiamente espresso, in realtà, ma volevo chiosare. Diversamente da molte serie tv, questa dall’inizio alla fine non è mai scaduta in perdite di tempo, portando sullo schermo quello che lo spettatore avrebbe voluto. E poi, credo, immagino, che la maggior parte di noi non avrebbe voluto vedere Gi-Hun morire.
CLICCA QUI per la recensione sulla seconda stagione di The Last of Us