
Negli ambienti dell’intelligence lo conobbero anche per la sua passione per il pesce allo zafferano. Il suo nome è Federico Umberto D’Amato.
Diresse negli anni della cosiddetta strategia della tensione l’Uar (Ufficio Affari Riservati), ufficio di sicurezza che faceva parte del Viminale. Questo, pur non essendo un servizio segreto ufficiale, operava come tale, sceglieva di volta in volta solo ciò che doveva giungere sul tavolo degli inquirenti.
La nascita dell’Uar e i suoi legami con l’America
Creando l’Uar nel 1948, il Ministero dell’Interno raccolse attorno a lui individui controversi, su cui l’Uar fece affidamento per contrastare l’espansione comunista per conto dell’America.
Come il neofascista Stefano Delle Chiaie (1936-2019), che partecipò al tentato Golpe Borghese del 7 dicembre 1970. Taviani sciolse poi ufficialmente l’Uar nel 1974, quando, all’indomani della Strage di Piazza della Loggia, le forti pressioni sociali denunciarono collusioni tra apparati d’intelligence e criminalità nella preparazione degli attentati.
L’ascesa di Federico Umberto D’Amato
La figura di D’Amato rimane oggi poco nota, sia per la scarsa documentazione, sia per la distruzione di materiali che avrebbero potuto fare luce su molte vicende oscure.
Nato a Marsiglia nel 1919 e morto nell’agosto 1996, entrò in polizia a vent’anni. Scalò rapidamente i ranghi della sicurezza, tanto che la NATO intitolò a lui una delle sue sale più prestigiose a Bruxelles.
L’incarico postbellico da parte degli americani
Subito dopo la fine della guerra, la fama di D’Amato colpì James Angleton, capo del controspionaggio americano in Italia, che gli affidò l’incarico di contattare Guido Leto, ex capo dell’OVRA, e di catturare i fascisti sul suolo italiano. In cambio, Leto aprì agli americani l’archivio segreto della polizia fascista.
Dall’OVRA all’Uar: continuità nei servizi
Che collegamento hanno avuto l’OVRA e l’Uar? L’Organo di Vigilanza Repressione Antifascista incluse membri che poi confluirono nell’Uar. D’Amato guidò ambienti d’intelligence che non epurarono affatto i tirapiedi del regime fascista. Anche per questo motivo gli U.S.A. sfruttarono i ribelli fascisti per fermare l’avanzata delle sinistre.
L’ex agente CIA Victor Marchetti affermò: “La mafia e l’estrema destra rappresentarono i due strumenti con cui i servizi segreti americani fronteggiarono l’avanzata dei partiti di sinistra”.
Il potere smisurato di D’Amato
D’Amato esercitò un potere immenso. Entrò nel Consiglio di sicurezza del Patto Atlantico, ruolo normalmente riservato ai capi dei servizi segreti. Ma per lui fecero un’eccezione. Molti lo temettero, altri lo servirono. Ottenne il “nullaosta sicurezza”, che gli permise di accedere a documenti coperti da segreto di Stato.
Tra cucina e terrorismo: la strage di Bologna
Fu una figura potente e raffinata nei gusti. Ma i giudici lo individuarono anche tra i mandanti della bomba alla stazione di Bologna, il 2 agosto 1980, in cui morirono 85 persone.
Nel febbraio 2020, emerse un documento chiamato “DOCUMENTO BOLOGNA”, che gli inquirenti trovarono nella borsa di Maria Gelli, figlia di Licio Gelli. Il documento riportava bonifici milionari emessi poco prima dell’attentato.
Alla voce “D’Amato”, compariva la sigla “Zaff”, chiaro riferimento alla sua passione per il pesce allo zafferano.
D’Amato confessò di essere “rimasto folgorato dopo che, in Costa Azzurra, assaggiai una zuppa di vongole veraci in crosta di zafferano”.
Depistaggi e segreti di Stato
Qualunque sia la verità, D’Amato segnò la storia d’Italia. Nessuno lo processò, per ovvie ragioni legate alla sua morte. Ma sappiamo che l’Uar depistò indagini negli anni di piombo, proteggendo i veri mandanti istituzionali, come nel caso di Piazza Fontana (12 dicembre 1969).
Nell’archivio segreto dell’Uar, gli inquirenti trovarono pezzi della bomba usata nella Banca Nazionale dell’Agricoltura. Subito dopo l’attentato, uomini dell’Uar entrarono nella stanza della questura durante l’interrogatorio di Giuseppe Pinelli. Pinelli, ferroviere anarchico, morì cadendo dal quarto piano. I poliziotti che avrebbero dovuto affiancare la magistratura lo uccisero. Quando chiesero alla moglie perché nessuno la avesse avvisata subito, le risposero così: “Signora, non avevamo tempo.”
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