
Quella andata in scena la sera del 31 maggio non è stata una sconfitta qualsiasi. È stata non solo la sconfitta dell’Inter, ma la sconfitta di tutti i suoi tifosi; e di tutti i giornalisti che ruotano al mondo interista. Si è chiuso il ciclo Inzaghi durato 4 anni, e lo si è chiuso nel peggiore dei modi: stagione terminata con zero titoli e con un’umiliazione epocale in finale di Champions, dopo una vittoria in semifinale storica. 5-0 è il passivo più grande mai registrato in una finale a livello internazionale.
Inzaghi all’Inter, il bilancio: soldi sì, trofei no
Questo quadriennio targato Simone Inzaghi è stato sicuramente un successo a livello economico, ma a livello sportivo si è rivelato un autentico fallimento. In questi 4 anni Inzaghi ha sempre avuto la rosa più forte in Serie A, racimolando solamente qualche coppetta e un ben misero scudetto. Gli altri 3 scudetti se li sono accaparrati squadre inferiori all’Inter, specialmente il Milan di Pioli del 2021/22 e il Napoli di Conte di questa stagione che si è pure privato di Kvaratskhelia nel mercato di gennaio.
La difesa dei sostenitori: due finali di Champions
1 scudetto in 4 anni. E 2 finali di Champions giocate, diranno i sostenitori di Inzaghi. Vero. Il percorso europeo di Simone Inzaghi è stato sicuramente nobile e prestigioso, e ha permesso all’Inter di rimpinguare le proprie casse e di sedersi al tavolo delle big europee dopo tantissimi anni, ma entriamo nei dettagli.
Finali da leggere con attenzione
Vanno, quindi, fatte delle distinzioni: la prima finale Inzaghi la raggiunge anche grazie ad un sorteggio enormemente favorevole (Porto, Benfica e Milan tra ottavi e semifinale), la seconda Inzaghi la raggiunge eliminando colossi come Bayern e Barcellona (con un pizzico di fortuna) per poi scialacquare tutto in una finale indegnamente giocata e che rimarrà una macchia indelebile e disonorevole nella storia dell’Inter.
Un solo trofeo pesante in 4 anni
Di trofei importanti Inzaghi ne ha vinto uno solo in 4 anni. E di fronte a questi risultati, a dir poco sconcertanti, l’aspetto finanziario deve essere l’ultima delle considerazioni nel valutare l’operato dell’allenatore.
Il mercato non può essere una scusa in Serie A
Durante queste stagioni l’Inter, al contrario delle big europee ed italiane, ha spesso fatto mercati ridotti all’osso ed addirittura in passivo per questioni di bilancio, ma questa non deve trasformarsi in una giustificazione quando in Italia la rosa per vincere Inzaghi l’ha sempre avuta anche a dispetto del mercato.
Un alibi solo per l’Europa
I mercati scarni possono diventare una scusante solamente all’interno del palcoscenico europeo dove l’Inter ha affrontato squadre con rose più attrezzate e che possono permettersi di spendere centinaia di milioni di euro ad ogni sessione estiva, vedasi il PSG. Ma nulla può giustificare una finale giocata in tal maniera. Nulla.
La mancata conseguenza: l’esonero
E dopo una finale di tal fatta, l’allenatore avrebbe dovuto essere esonerato. Ed invece gli si lasciano in mano le redini del proprio destino e di quello dell’Inter: spetta a lui la decisione se proseguire o meno, nel mentre che la critica giornalistica gli solleva scudi sulla testa per difenderlo per ignoti motivi, colpevolizzando i singoli e spingendo per un mercato dispendioso in grado di fornire ad Inzaghi una rosa competitiva. Che l’ha già avuta per 4 anni di fila…
Il mito del triplete “imposto” dalla società
Ma competitiva su tutti i fronti, al contrario di quest’anno dove la società gli avrebbe imposto di lottare per il triplete nonostante l’età avanzata di diversi titolari e le riserve mediocri e scarse. Peccato che sia stato lui stesso a vantarsi di aver portato avanti l’Inter in tutte le competizioni facendo pure il famigerato gesto delle tre dita che gli si è tragicamente ritorto contro.
Responsabilità non scaricabili
Nessuno lo ha obbligato a non mollare nulla, nonostante una squadra mai stata davvero sul pezzo, nonostante gli infortuni, nonostante le presunte riserve scarse. La responsabilità di questo totale fallimento è solo sua.
Elenco dei limiti di Inzaghi
Ed ora un elenco di tutti i suoi limiti:
- Il monomodulo – Un 352 stagnante che funziona solamente quando la squadra è al massimo della sua condizione fisica. Non ci sono piani B a livello tattico, nemmeno quando la partita si indirizza su un binario negativo e bisogna recuperarla. Inzaghi non sa farlo, non sa incidere a partita in corso.
- Scarso motivatore – In questi anni non si è rivelato capace di trasmettere la giusta concentrazione e la giusta determinazione alla squadra, che scende in campo focalizzata sull’obiettivo solo quando lo decide lei. Lo scorso anno i giocatori hanno deciso di vincere lo scudetto, quest’anno di provare a vincere la Champions. Delle altre competizioni non interessava quasi a nessuno, e Inzaghi è stato in balia delle decisioni del gruppo
- Turnover hangover – Inzaghi ha sempre ritenuto inaffidabili giocatori che alla fine non si sono rivelati tanto scarsi come riteneva lui. Frattesi e Asllani, per esempio, meritavano più spazio e un loro maggior impiego avrebbe permesso questa stagione di far riposare i titolari del centrocampo che sono arrivati cotti e bolliti nelle partite decisive
- Un curriculum di cambi sbagliati – Inzaghi, in diverse occasioni, ha dimostrato di saper preparare le partite, portando l’Inter fino agli ultimi 20 minuti in vantaggio o in parità. Il problema arriva nella gestione del finale: cambi discutibili, spesso con l’uscita dei migliori in campo, che danno slancio agli avversari. Nei minuti conclusivi, poi, l’allenatore tende a stravolgere l’assetto difensivo con sostituzioni e spostamenti confusionari, perdendo equilibrio e lucidità. Il risultato è quasi sempre lo stesso: disorganizzazione, marcature saltate e gol subiti nel momento peggiore.
- Il problema di giocare sotto pressione – Quando l’Inter gioca ogni 3 giorni o quando gioca partite importanti e decisive, Inzaghi spesso va in totale confusione. Non sono un caso i 2 scudetti persi punto a punto contro Milan e Napoli.
Conclusione tagliente
In sintesi non è un allenatore all’altezza dell’Inter. Chi lo difende o addirittura lo glorifica, o è prezzolato dalla società, o è un disonesto intellettuale a gratis, o non capisce nulla di calcio.
Ora c’è solo da chiedersi chi, eventualmente, prenderebbe il suo posto.