
Nella notte tra il 1° e il 2 giugno 2025, mentre l’Italia celebrava la Festa della Repubblica, l’Etna – ‘a Muntagna, come la chiamano i suoi figli siciliani – ha scelto di parteciparvi. Dal cratere di Sud-Est, il più giovane e attivo tra i coni sommitali, è ripresa un’intensa attività stromboliana. Attività che ha illuminato il cielo con bagliori rossastri e colonne di cenere.
Non si tratta di un’eruzione distruttiva, ma di una manifestazione della vitalità eterna del vulcano, che alterna silenzi profondi a respiri incandescenti. Le esplosioni, ritmiche e fragorose, hanno dato vita a una nube eruttiva che si è sollevata fino a circa 4.500 metri sul livello del mare. Per poi distendersi verso sud-ovest, trasportata dal vento come una veste leggera di cenere.
La montagna non minaccia, ma ricorda. Ricorda che sotto la sua superficie pulsa un cuore millenario, e che ogni sua eruzione è un dialogo con il cielo, la terra e il tempo. Il tremore vulcanico è aumentato in modo costante, ma non sono al momento segnalati danni o colate laviche. Si tratta di un’eruzione “espressiva”, quasi simbolica, che rievoca i riti della natura e le origini stesse dell’isola.
L’Etna è in vita, e lo è da sempre. Nella notte dei festeggiamenti civili, ha levato il suo canto primordiale, ricordando agli uomini il legame sacro tra terra e popolo, tra fuoco e identità.
L’Osservatorio Etneo dell’INGV continua a monitorare l’evoluzione del fenomeno. A chi guarda dalla valle, resta il privilegio di assistere – ancora una volta – al respiro della montagna sacra.