
Proprio nel giorno della finale di Champions League, che si terrà questa sera a Monaco di Baviera, dove l’Inter, si gioca una fetta importantissima della sua storia contro il PSG, è morto Ernesto Pellegrini. Aveva 84 anni. Imprenditore visionario, presidente dell’Inter e uomo giusto. Questo il riassunto in breve della sua vita. Con lui scompare una figura che ha saputo unire impresa, sport e solidarietà in un unico gesto di cura verso il prossimo.
Il suo nome è legato allo Scudetto dei record, ai trionfi europei e ai campioni nerazzurri. Ma prima ancora, al sogno di un ragazzo partito da contabile e arrivato a fondare un impero della ristorazione collettiva. Senza mai perdere di vista chi resta indietro. Perché Pellegrini, l’uomo, non ha mai smesso di essere figlio di quella Milano operaia e concreta, dove il successo si misura anche in pasti caldi offerti a chi non può pagarli.
Le cause della morte
La notizia della sua scomparsa è arrivata questa mattina. Le cause non sono ancora state rese note ufficialmente, ma la notizia ha rapidamente fatto il giro del mondo sportivo e imprenditoriale. Fino a poco tempo fa Pellegrini era ancora lucido, attivo con la sua Fondazione, presente nel sociale. La sua ultima battaglia era quella contro la povertà urbana, che combatteva con forchette e rispetto, nel suo “Ruben”, il ristorante solidale dove nessuno è cliente, ma tutti sono accolti.
La carriera
Nato nel 1940, Ernesto Pellegrini ha incarnato il meglio dell’Italia che non si arrende: quella che lavora, costruisce, restituisce. Dopo un inizio umile, fondò negli anni ’70 la Pellegrini S.p.A., azienda leader nella ristorazione collettiva. Poi l’Inter, acquistata nel 1984 e portata alla gloria con lo Scudetto dei record del 1989, i trionfi UEFA, la leggenda di Trapattoni e Matthäus. Ma per lui il calcio era passione, non vanità. E quando lasciò la presidenza nel 1995, lo fece con stile e gratitudine, come chi sa che il proprio tempo non è mai solo personale.
L’ultimo sorriso
Pellegrini appariva sereno nei suoi ultimi interventi pubblici. Parlava spesso del valore del lavoro, della necessità di ridare centralità alla persona, del diritto di ogni essere umano a un pasto dignitoso. Non cercava riflettori, cercava soluzioni. E spesso le trovava. L’ultima volta che è stato visto in pubblico è stata a una cerimonia per i 10 anni del “Ruben”, dove disse: “Chi ha avuto tanto, deve restituire di più.” Una frase che oggi suona come testamento morale.
Reazioni e tributi
La sua morte ha suscitato commozione profonda. L’Inter lo ha ricordato come “uno dei presidenti più amati di sempre”. Il sindaco Sala ha parlato di “una Milano più povera, ma anche più grata”. Centinaia di dipendenti, ex calciatori, volontari e cittadini comuni hanno espresso dolore e riconoscenza. Sui social circolano foto, aneddoti, parole di stima: non di un potente, ma di un giusto.
Con Ernesto Pellegrini se ne va un pezzo di Italia che credeva nel merito, nella comunità, nella responsabilità. Ma resta l’esempio, resta il piatto caldo, resta lo Scudetto. E resta, soprattutto, la convinzione che il successo non ha senso se non è condiviso.