
Il governo rilancia una riforma della legge sulla caccia che ha già ampiamente fatto discutere. Una proposta ministeriale punta a rivoluzionare la storica legge 157/92, aprendo alla possibilità di sparare anche in aree urbane, nelle riserve naturali e perfino durante la notte. Per ambientalisti e opposizione è un attacco diretto alla biodiversità. Ma partiamo dal principio.
La “legge spara-tutto”: cosa prevede la proposta
La legge 157 del 1992 è da oltre trent’anni il caposaldo della protezione della fauna selvatica in Italia. Ma secondo il governo è ormai “superata”, soprattutto in un contesto dove i cinghiali rappresentano un’emergenza continua per agricoltori e automobilisti.
Da qui la proposta: estendere i poteri di controllo venatorio permettendo ai cacciatori di intervenire anche in zone prima vietate, come le periferie urbane, i parchi, e addirittura le spiagge. Si parla anche di caccia notturna con visori termici, uso di armi speciali, e dell’impiego di militari nei piani di contenimento.
“Dobbiamo tutelare il territorio e i raccolti, non possiamo essere ostaggio degli animali selvatici”, ha dichiarato un esponente della maggioranza, difendendo la linea dura. Il disegno di legge, secondo i promotori, punta a “semplificare” le regole e rendere più efficienti gli interventi.
Rivolta di ambientalisti e opposizione: “Una barbarie”
Non si è fatta attendere la risposta dei gruppi ambientalisti. LAV, WWF, ENPA, Lipu, e LAC parlano di “una deregulation senza precedenti” e di una norma “scritta su misura per le lobby venatorie”.
Le critiche si estendono anche al metodo: l’ISPRA, unico ente tecnico-scientifico che dovrebbe valutare l’impatto delle decisioni venatorie, verrebbe di fatto esautorato. “Un colpo di mano per favorire le doppiette”, accusa Angelo Bonelli di AVS. Anche il M5S e il PD si sono detti contrari alla proposta, parlando di “legge inutile e dannosa, che ci espone a infrazioni europee”.
Clamoroso il silenzio di alcuni membri del Ministero dell’Ambiente, che in audizione hanno ammesso: “Ci sono articoli potenzialmente in contrasto con le direttive UE”.
Una legge per Coldiretti? Il retroscena politico
Dietro la spinta alla riforma ci sarebbe, secondo alcune ricostruzioni, un asse diretto tra la premier Giorgia Meloni e il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini. Entrambi considererebbero la gestione faunistica attuale inefficace e troppo lenta.
La proposta avrebbe dovuto arrivare in Consiglio dei Ministri il 19 maggio, ma è stata rinviata all’ultimo minuto, ufficialmente per “approfondimenti”. In realtà, il clima è teso anche dentro la maggioranza: non tutti condividono l’opportunità di aprire un fronte così divisivo a un anno dalle elezioni europee.
Dibattito acceso, destino incerto
Per ora il disegno di legge resta in fase di valutazione, ma la linea politica è tracciata: il governo vuole rilanciare l’idea di una caccia come strumento di gestione del territorio. Che si tratti di una reale emergenza o di una mossa elettorale per compattare il fronte rurale, è ancora oggetto di dibattito.
Resta una domanda: è davvero questa la strada per “difendere l’agricoltura”, o si rischia di trasformare boschi e colline in zone di fuoco libero? I prossimi mesi diranno se sarà legge o solo uno slogan da campagna elettorale.