
Ci sono libri “sulla guerra” che lasciano il segno in modo indelebile, perché parlano di episodi avvenuti al fronte, di eroi che hanno lasciato la propria anima sul campo di battaglia. Storie di una vita vissuta a mille all’ora senza potersi fermare mai un secondo a prendere fiato, testando se stessi su campi di battaglia. Sperando di non lasciarci le penne. E, nel caso, farlo nel modo più nobile possibile.
Le sarte della Villarey, scritto da Elena Pigozzi, assume una piega diversa. Racconta una storia di guerra vissuta da donne e combattuta da queste ultime imbracciando non dei fucili, ma arnesi un po’ diversi: aghi e fili. Strumenti, mi verrebbe da dire, non per uccidere ma per incidere.
Trama
Ancona, 1943. La città è sconvolta dalla guerra e dall’occupazione nazista. La protagonista scelta dalla Pigozzi è Laura, una ragazza diciottenne che si ritrova sola con il fratello dopo la morte di entrambi i genitori. Dopo questo orrido cominciamento, la giovane viene accolta dalla sarta Alda Lausdei, una donna, come si scoprirà pagina per pagina, coraggiosa e generosa. È proprio grazie all’aiuto di Alda che la nostra protagonista inizia a lavorare alla sartoria della caserma Villarey. Si potrebbe pensare, ora, a una storia parallela alla resistenza italiana: che ne è immersa storicamente, ma che non pone in primo piano vere e proprie protagoniste della guerra. Niente di più sbagliato. Questa storia parla di coraggio, resistenza ed empatia. Mentre i soldati italiani vengono rinchiusi nella caserma e minacciati di deportazione, le sarte tessono con le loro mani un piano di salvezza che cambierà il destino di molti.
Ripeto: è, questo, un romanzo che racconta la forza delle donne durante la Seconda Guerra Mondiale. Una storia di tempi andati che mette in luce l’importanza che le donne hanno avuto anche in contesti totalmente drammatici, dove un pizzico di coraggio e sfrontatezza fanno la differenza tra la vita e la morte.
Il coraggio nelle piccole cose
La Pigozzi riesce a tessere (è proprio il caso di dirlo) una storia corale dove la sartoria diventa non solo un mestiere, ma un atto di ribellione. Le sue protagoniste combattono con ostinazione, organizzando evasioni e sfidando i tedeschi apertamente.
Quello che colpisce maggiormente di Le sarte della Villarey è la delicatezza con cui l’autrice tratteggia i sentimenti: la paura, ma anche la solidarietà femminile, la dignità nella miseria, la capacità di resistere senza perdere se stessi.
Stile e tono: una scrittura che accompagna e commuove
La scrittura di Pigozzi si conferma raffinata e precisa, capace di evocare atmosfere con pochi dettagli accurati. Alcuni passaggi risultano volutamente lenti, come a voler scandire il ritmo sospeso dell’attesa e della paura che permeava la vita sotto l’occupazione.
Il romanzo non ha bisogno di colpi di scena forzati: la tensione narrativa nasce naturalmente dall’empatia che il lettore sviluppa verso le protagoniste.
Perché leggerlo
Perché Le sarte della Villarey è un atto d’amore verso quelle donne dimenticate dalla grande Storia, ma fondamentali per la salvezza di molti. Un romanzo che consiglio caldamente a chi ama le storie vere, il coraggio silenzioso e la memoria restituita con grazia e forza narrativa.