
Il mondo dove l’essere umano da anni vive è un posto dove anche la morte è soggetta ad analisi a volte divergenti e altre unificanti. Certe sentenze, anche se ritenute giuridicamente lecite e corrette, si scontrano con l’etica.
Nel famosissimo, e tristissimo, caso del femminicidio di Giulia Cecchettin per mano di Filippo Turetta, avvenuto l’11 novembre 2023, è recentemente sorta una critica aspra da parte dell’opinione pubblica nei confronti della giustizia italiana, circa l’aggravante di crudeltà sulle 75 coltellate inferte da Turetta sulla ragazza. Ritenute crudeli sul piano etico, ma non su quello giuridico.
Com’è possibile che 75 coltellate non siano considerate oggettivamente un gesto crudele? Ne è nato un dibattito accesissimo. Sul quale vorrei soffermarmi un po’.
Partiamo dal principio
La condanna all’ergastolo di Filippo Turetta è, ovviamente, la giusta pena per il femminicidio di Giulia Cecchettin. Ed è stata stabilita a priori rispetto alle 75 coltellate.
Su quest’ultimo aspetto, mesi dopo la condanna definitiva al ragazzo veneto, la Corte d’Assise, per mezzo della sentenza, ha stabilito che l’esecuzione dell’omicidio è stata portata avanti non allo scopo di procurare ulteriore dolore e sofferenza. Ma dal bisogno di uccidere ‘maldestramente’ la ragazza che non lo ricambiava.
“Turetta dopotutto non è un omicida professionista”
In altre parole: ciò che i giudici hanno stabilito è che Turetta non ha ucciso Giulia nelle vesti di killer professionista. Ma da inesperto. Valutando ogni precisa mossa al secondo, sondando ogni possibilità per cancellare gli indizi per gli inquirenti. Anzi: le 75 coltellate sono state il risultato di una fretta di uccidere e poi, di essersi fermato perché “ho colpito l’occhio, mi aveva fatto troppa impressione”, come riferì lui stesso in aula.
La sentenza dentro la quale è contenuta la condanna all’ergastolo è doverosa e obbligata. Ma lui era e rimane un povero disgraziato incapace sia di portare a termine un omicidio con abilità e segretezza assoluta. Il tutto, dicono i giudici, compiuto nella più lucida razionalità. Cioè, capace di intendere e volere durante il delitto.
I giudici, quindi, secondo l’ordinamento giudiziario, valutano l’aggravante della “crudeltà” solo nei casi in cui ci siano segni e volontà evidenti di torture, sevizie e ulteriori atti che portano la vittima ad una sofferenza aggiuntiva rispetto all’attesa morte finale.
Gli anatomopatologi hanno trovato solo le coltellate, ma nessun segno di ulteriore sofferenza all’esclusivo scopo di provocare dolore intenzionale prima della morte.
In sintesi
Turetta ha comunque avuto la pena massima – l’ergastolo – andando anche contro chi afferma che “75 coltellate sono crudeltà a prescindere”.
In conclusione, l’essere umano è e rimane una razza abietta indegna di popolare questo mondo. Nel caso del femminicidio di Giulia Cecchettin, si apre, ancora una volta, il dibattito tra il peso della violenza umana e quello della morale giudicante dell’opinione pubblica.