
In Polonia, in questi giorni, il silenzio negli allevamenti vale più di mille parole. Non è solo l’eco di capannoni vuoti o del lavoro interrotto. È il segno concreto di una crisi che sta correndo più veloce delle risposte.
Di cosa stiamo parlando? Dell’influenza aviaria, variante H5N1 ad alta patogenicità, che da inizio anno ha causato oltre 170 focolai ufficiali nel Paese, che ha comportato un provvidimento d’urgenza atto ad abbattere più di 6,5 milioni di volatili. Per quanto forse necessaria, si tratta di una cifra enorme, che rappresenta un colpo al cuore di uno dei settori economici chiave del Paese. Ma è anche un campanello d’allarme per tutta l’Europa?
Aviaria in Polonia: cosa sta succedendo davvero?
I focolai di pennuti si stanno concentrando nelle regioni centrali e occidentali della Polonia, soprattutto nella Masovia e nella Grande Polonia. Per chi non lo sapesse, due aree dove l’allevamento avicolo è massiccio, necessario al sostentamento. In queste zone, il virus si muove velocemente: entra in un allevamento e nel giro di giorni costringe all’abbattimento di decine o centinaia di migliaia di animali.
Ogni focolaio comporta la creazione di zone di sorveglianza, restrizioni alla movimentazione di animali e prodotti, interventi sanitari immediati. Ma nonostante le misure, il numero di casi continua a crescere.
A livello europeo si è scatenato un panico evidente, e la risposta non si è fatta attendere. La Commissione Europea ha infatti attivato misure d’emergenza, tra cui l’adozione di “zone cuscinetto” intorno alle aree colpite e restrizioni all’esportazione di animali vivi delle regioni polacche sopracitate. L’obiettivo? Contenere la diffusione prima che varchi i confini, ovviamente.
Perché tutto questo è importante anche fuori dalla Polonia?
Perché la Polonia non è solo uno dei maggiori produttori di carne avicola d’Europa, ma pure uno snodo commerciale. I suoi prodotti arrivano sulle nostre tavole, nei supermercati, nei ristoranti. Ciò ovviamente non vuol dire che bisogna tenersi alla larga dal consumo di carne di volatili, ma prestare attenzione alle disposizioni.
E poi c’è il tema della biosicurezza. Ogni epidemia in un Paese dell’UE è un test per tutti gli altri. La gestione del rischio, la tracciabilità, la rapidità degli interventi: tutto viene messo alla prova. E i risultati, nel bene o nel male, non si fermano ai confini nazionali.
E per la salute umana?
Al momento, non ci sono casi documentati di contagio umano in Polonia. Il ceppo in circolazione è, come in altri eventi simili, estremamente pericoloso per i pennuti, ma raramente trasmissibile all’uomo. In ogni caso, le autorità sanitarie europee stanno monitorando costantemente la situazione.
Importante sapere che i prodotti avicoli restano sicuri, a condizione che siano acquistati da canali controllati e cotti adeguatamente (almeno 70°C). Niente panico, insomma. Ma nemmeno leggerezza.
Uno squilibrio più grande
Ogni epidemia di aviaria solleva domande più grandi. Quanto sono sostenibili gli allevamenti intensivi su larga scala? Quali sono i limiti del modello agricolo europeo? E come possiamo proteggere davvero i sistemi alimentari senza dover correre ai ripari solo quando è troppo tardi?
Questa non è solo una “notizia sanitaria”. È lo specchio di un sistema sotto pressione.