
L'immagine cerca di accostare l'inquinamento digitale e quello ambientale, che ben conosciamo, ed ben è visibile quotidianamente
Dietro il fenomeno dell’inquinamento non ci sono solo, come si potrebbe tranquillamente pensare, rifiuti industriali, gas di scarico e cose simili, ma persino qualcosa a cui la maggior parte di noi non penserebbe. Che cosa? La tecnologia digitale. In che senso? Ogni nostra azione online: sia essa una ricerca su Google, una mail inviata, l’utilizzo dei social network (soprattutto), ha un impatto ambientale misurabile in emissioni di anidride carbonica. Sorprendente? Sì, se non ti sei mai posto il pensiero come il sottoscritto sull’inquinamento digitale.
Il peso invisibile del digitale
Ma analizziamo un po’ di numeri: l’industria digitale produce il 4% delle emissioni globali di gas serra. Poco? È una quota pressoché identica a quella dell’intero settore aereo. Tutto questo è dovuto principalmente ai data center, ovvero enormi infrastrutture che ospitano i server necessari per mantenere internet in funzione, e per permetterci, dunque, di navigare e connetterci con il mondo. Questi centri richiedono un’enorme quantità di energia, sia, da una parte, per alimentare i processori sia, dall’altra, per raffreddare i dispositivi, generando così un impatto ambientale da non sottovalutare.
Ma spostiamoci nel pratico: un’email con un allegato da 1 MB produce circa 20 grammi di CO₂, l’equivalente di una lampadina accesa per un’ora. Guardare un video in streaming in alta definizione per un’ora può arrivare a generare fino a 400 grammi di CO₂, mentre una semplice ricerca online ne produce circa 0,2 grammi. Che è poco, se confrontato con quello che vedremo qui sotto.
L’AI e i suoi consumi
Per quanto la tanto ormai amata, anche dal sottoscritto, intelligenza artificiale possa rappresentare una delle frontiere più interessanti del mondo digitale, è da sottolineare come sia anche tra le più inquinanti. Le intelligenze artificiali come ChatGPT, Gemini, DeepSeek, definite “generative”, orientate a rispondere alle domande degli utenti o creare immagini, richiedono un’enorme potenza di calcolo. Ogni comando dell’utente inviato a un modello avanzato di linguaggio consuma decine di volte l’energia di una ricerca qualsiasi su Google. Generare un’immagine con le AI, cosa che ci vogliono 15 secondi, può consumare l’equivalente di diverse ore di streaming video. Cioè, del tipo che guardare La Corazzata Potemkin e chiedere a ChatGPT di fare il disegno di un gatto ha lo stesso impatto di inquinamento ambientale.
Non tutti lo sanno, ma le AI che conosciamo, tra cui quelle citate, diventano così efficienti e sorprendenti grazie a un addestramento artificiale (non cinofilo). È questo un grandissimo processo inquinante: secondo alcune stime, l’allenamento di una rete neurale avanzata può generare fino a 284 tonnellate di CO2, l’equivalente di oltre 60 automobili in un anno.
Non solo AI: il peso dell’intero ecosistema digitale
Sarebbe troppo facile puntare il dito contro i nuovi arrivati, rendendoli responsabili di questo apparente disastro ecologico. Se l’intelligenza artificiale è un tassello importante, non è però l’unico elemento inquinante del mondo digitale. Anzi. Lo streaming video, che sia TikTok, Youtube, Instagram & amici, rappresenta circa il 60% del traffico di dati nel mondo e richiede una quantità immensa di energia. Le criptovalute, come i Bitcoin, hanno a loro volta un impatto clamoroso: il mining, (in parole povere: il processo di convalida delle transazioni), consuma più energia di alcuni interi paesi del mondo. Certo, non gli Stati Uniti o Cina, ma quelli un po’ più di nicchia, che tipo alcuni nemmeno conoscono.
Anche i dispositivi che usiamo quotidianamente contribuiscono all’inquinamento digitale. Smartphone, laptop e tablet non solo richiedono energia per funzionare, ma la loro produzione e smaltimento generano ulteriori emissioni e rifiuti elettronici. Si stima che solo il 20% dei rifiuti elettronici venga riciclato correttamente, mentre il resto finisce in discariche o viene smaltito illegalmente.
Inquinamento digitale: è una situazione risolvibile (almeno in parte)?
Non c’è niente di risolvibile a mio modo di vedere. Ma dato che sono pessimista, lascerò alcuni suggerimenti oggettivi che gli esperti consigliano.
Parlando seriamente, risolvibile completamente non lo è, ma si può ridurne l’impatto. Del tipo:
- Ridurre la qualità dello streaming video quando possibile;
- Evitare di inviare email non necessarie o pesanti allegati;
- Usare motori di ricerca eco-sostenibili, come Ecosia, che pianta alberi per ogni ricerca effettuata;
- Acquistare dispositivi elettronici solo quando strettamente necessario e riciclarli correttamente;
- Limitare l’uso delle AI per operazioni essenziali, riducendo l’uso superfluo di richieste avanzate.
Consigli da “beh grazie tante”, cioè ovvi forse. Però questi sono. Detto questo, l’inquinamento digitale esiste, è un fatto conclamato, ma il grosso del problema è causato da industrie, governi e grandi aziende, che producono emissioni tossiche, rifiuti e così via. Il che non vuol dire che la responsabilità individuale non esista, ma che comunque sia è un problema pur sempre marginale.
QUI un articolo più approfondito e divulgativo di Geopop sull’inquinamento digitale.